ARCICONFRATERNITA DELLA MORTE E ORAZIONE - Massa Lubrense

Il pio sodalizio fu fondato il 3 Marzo 1675 per volontà della’Arcivescovo di Massa Lubrense Francesco Maria Neri e di alcuni devoti Patrizi, i quali ritennero così di poter ridare nuova linfa al Monte dei Morti, moribondi e infermi poveri, fondato nel 1639, ma già dopo trent’anni decaduto. I fondatori della Confraternita considerarono “quanto gran utile, così spirituale, come temporale possa risultare all’anime di detta Città col mantinimento di detto Monte per essere quello legato alla Compagnia della Morte di Roma con la participazione di tutte l’Indulgenze, e Privilegij di detta Compagnia ...”, pertanto dovettero richiedere dopo breve tempo o forse considerarono come già ottenuta, sulla base della comunanza delle finalità, l’aggregazione alla fiorente e potente Arciconfraternita Morte e Orazione di Roma, eppure l’atto ufficiale di aggregazione reca la data dell’otto Giugno 1779, ossia un secolo circa dopo la costituzione del pio sodalizio massese.
La veste confraternale è ancora oggi esattamente quella descritta dall’Arcivescovo Giuseppe Bellotti nel 1779: un saio di tela nera, cinto da un cordone nero anch’esso, recante sulla spalla sinistra i simboli della passione di Cristo “cum epigraphe: In hoc vinces super mortis calva cum duobus ossibus, quibus montes subjacent, et horologia; eiusque titulus circumscriptus legitur: Confraternitas Mortis, et Orationis”.
Dopo l'aggregazione a Roma, la sua figlia massese potette godere di tutte le indulgenze e privilegi concessi dai Pontefici alle Confraternite Morte e Orazione. A mo di esempio, riportiamo i benefici elencati nello Statuto del sodalizio massese del 1887:
1) sono privilegiati tutti gli altari di chiesa, di Oratorio, e di cimitero dell’Arciconfraternita (Breve di Clemente XIII Omnium saluti 1765);
2) sono parimenti privilegiati tutti gli altari di chiesa, dovunque la Compagnia faccia celebrare messe per chiunque (Regolamento della Congrega madre di Roma);
3) facoltà di celebrare in chiesa due funerali, per settimana, eccettuati i dì festivi e quelli di prima e seconda classe (regolamento di sopra citato);
4) facoltà di andare ad associare, a spesa del parroco, i cadaveri dei poveri, qualora esso, ricusandosi facesse trascorrere venti ore senza associarli (Breve di Urbano VII Nuper 1642);
5) facoltà di andare ad associare gli uccisi in città con avviso della Pulizia senza neppure interpellare il Parroco (Breve sudd.);
6) facoltà di seppellire ovunque i cadaveri associati in campagna, privilegio ora ristretto a tumularli in cimitero all’aperto, o in Chiesa campestre con sepoltura, con pena contro chi si ricusasse di riceverli (Breve sudd.);
7) facoltà di far celebrare la S. Messa nei giorni di associazione in campagna un’ora prima dell’aurora, e un’ora dopo il mezzodì, da celebrarsi anche nelle Chiese rurali per dove passi la Compagnia (Breve di Pio VI Cum inter extera nell’anno 1871);
8) facoltà ai confratelli di farsi celebrare la S. Messa in casa durante l’infermità, con la dipendenza della Curia Vescovile pei voluti riguardi di vita (Bolla di Pio IV. Divino disponente-1560);
9) facoltà ai medesimi di eleggere in stato di morte un confessore per essere assoluti dalle censure, nelle quali fossero incorsi (la sudd. Bolla- 1560).
Fu proprio per creare le occasioni devozionali da cui potessero scaturire le indulgenze, che la Confraternita ebbe a rendere solenni certe festività, caratterizzate per tutta la durata della vita del pio sodalizio da modalità rituali pressoché inalterate.
Tra tutte quelle citate nel sommario delle indulgenze, due rivestivano importanza particolare: l’esposizione del SS.mo ogni terza Domenica del Mese e il Novenario dei Morti.
Durante la prima funzione, vestiti di sacco, i Confratelli in Cappella cantavano il mattutino e le laudi dei defunti, dopodiché il sacro rito si concludeva con l’esposizione del SS.mo, la S. Messa e la benedizione; tale pia pratica in passato si svolgeva ogni primo Lunedì del mese; in seguito si ritenne opportuno, per agevolare la frequenza di coloro che fossero impegnati per cause di lavoro, spostarla alla Domenica.
Il giorno dei morti, come si può supporre, era la festa principale della Congrega: il Novenario che la precedeva veniva celebrato nella ex cattedrale con l’esposizione del Venerabile, ossia del SS. Sacramento. Per tutto il Novenario si svolgeva la questua: l’ultimo giorno veniva solennizzato da una processione in Chiesa cui partecipava regolarmente retribuito tutto il Rev.mo Capitolo. Il due Novembre con grande concorso di popolo fin dall’aurora si celebravano messe in Cappella e nella sottostante Terrasanta. Di sera tutti i Confratelli, con il Parroco, si recavano al Camposanto vestiti di sacco, dove la festività si concludeva con la solenne assoluzione.
A tutte le funzioni in Chiesa e alle processioni del Santissimo i confratelli presenziavano col cappuccio abbassato che veniva alzato solo in caso di accompagnamento dei cadaveri, a meno che la sepoltura non si svolgesse in campagna.
La Confraternita da più di un secolo è proprietaria di una Cappella cimiteriale in località S. Liberatore e mantiene viva ancora oggi la pia usanza dell’Ottavario dei defunti, della processione a piedi e vestiti col sacco verso il Cimitero nel giorno dei Morti, delle Messe nella Terrasanta del proprio Oratorio.

- Testo tratto dal sito http://www.massalubrense.it.